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Santi del 2 Giugno

Il mio Santo > I Santi di Giugno

*San Comizio - Martire (2 Giugno)

Catania, III secolo ?
Purtroppo di San Comizio di Catania esistono solo notizie fantasiose; l’unica cosa certa è che in un manoscritto del sec. XI-XII è riportata la ‘Passio S. Comitii’, che è giudicata dagli esperti agiografi, piena di falsità e inverosimile, tanto che all’epoca della scoperta fu ritenuto che non era il caso di pubblicarla nei testi ufficiali.
In questa "Vita" si nomina tra l’altro l’imperatore Claudio (214-270) che a Catania tentò di far lasciare la fede cristiana a Comizio, semplice contadino, arrivando a promettergli in sposa la figlia principessa Claudia, al diniego lo fece uccidere.
Detto questo bisogna aggiungere che il Santo è quasi sconosciuto a Catania e ignorato dagli studiosi della materia.
Un altro santo dallo stesso nome è venerato a Penne in Abruzzo e gli studiosi lo identificano con il santo martire catanese, oppure con uno dei martiri di Lione, la cui festa cade il 2 giugno.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Comizio, pregate per noi.

*San Domenico Ninh (2 Giugno)

Nella città di Au Thi, nel Tonchino, ricordo di San Domenico Ninh, martire, che, giovane contadino, per non aver voluto oltraggiare la croce del Salvatore, patì il martirio per decapitazione sotto l’imperatore Tu-Duc.  
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Domenico Ninh, pregate per noi.

*Sant'Erasmo di Formia - Vescovo e Martire  (2 Giugno)

Fonti sicure attestano l’esistenza di un Sant’Erasmo vescovo di Formia, martire al tempo di Diocleziano e Massimiano (303) e sepolto nella località costiera del Lazio meridionale. Di storico su di lui si sa, però, poco. La «Passio» che lo riguarda, compilata nel VI secolo, è leggendaria.
Venerato nel Lazio e in Campania, è menzionato, oltre che negli antichi martirologi, anche nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell’842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le reliquie furono nascoste nella vicina Gaeta.
Quando furono ritrovate, nel 917, il martire venne proclamato patrono della diocesi del Golfo.
Nel 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta, dedicandola alla Vergine e a sant’Erasmo.
È invocato contro le epidemie e le malattie dell’intestino per il fatto che, nel martirio, gli sarebbero state strappate le viscere.
I marinai lo venerano con il nome di Elmo. (Avvenire)

Patronato: Malattie dell'intestino
Etimologia: Erasmo = amabile, piacevole, simpatico, dal greco
Emblema: Argano, Bastone pastorale, Intestini, Palma
Martirologio Romano: A Formia nell’odierno Lazio, Sant’  Erasmo, vescovo e martire.
Fonti degne di fede attestano l'esistenza di un Sant' Erasmo, martire, vescovo di Formia, il cui culto era molto diffuso nella Campania e nel Lazio.
La più antica è il Martirologio Geronimiano in cui Erasmo è ricordato il 2 giugno San Gregorio Magno alla fine del sec. VI, scrivendo al vescovo Bacauda di Formia, attesta che il corpo del
Santo era conservato in quella chiesa: "Formianae ecclesiae in qua corpus beati Herasmi martyris requiescit" (Reg. Ep., I, 8).
Lo stesso pontefice ricorda due monasteri dedicati ad Erasmo: uno a Napoli (Reg. Ep., IX, 172) e l'altro posto "in latere montis Pepperi" presso Cuma (Reg. Ep., I, 23).
Anche Roma aveva un monastero dedicato al santo sul Celio, nel quale fu educato da giovane il Papa Adeadato (m. 619) che poi, da pontefice, lo ampliò e lo arricchì di beni e privilegi (Lib. Pont., I, 346).
Altri monasteri intitolati ad Erasmo erano presso Formia (detto anche di Castellone) e presso Itri "in valle Itriana".
Il nome di Erasmo, oltre che nei martirologi storici, donde è passato nel Romano, era inserito nel Calendario marmoreo di Napoli.
Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di Santa Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal vescovo Bono.
Da quel tempo Erasmo fu proclamato patrono di Gaeta e furono anche coniate monete con la sua effigie.
I1 3 febbraio 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta in onore della Vergine e di Erasmo Nel Medio Evo il santo fu annoverato tra i cosidetti santi Ausiliatori e invocato specialmente contro le epidemie, mentre i marinai lo venerano come patrono col nome di Sant' Elmo.
Sulla personalità di Erasmo purtroppo siamo male informati poiché la passio, compilata con molta probabilità verso il sec. VI, è favolosa e leggendaria, né può aver maggior valore una biografia attribuita, senza solido fondamento, a Gelasio II (1118-19).
Da questi scritti appare evidente come gli autori niente sapessero di sicuro intorno ad Erasmo se non ch'era stato vescovo di Formia ed era morto martire al tempo forse di Diocleziano.
Secondo la passio, dunque, Erasmo era oriundo di Antiochia.
Quando scoppiò la persecuzione era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano.
Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale dell'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere.
Liberato miracolosamente, si recò nell'Illirico dove in sette anni convertì quattrocentomila persone.
Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté un simulacro e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono immediatamente uccise, mentre Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, era rinchiuso in carcere.
Fu liberato allora dall'arcangelo Michele che lo condusse a Formia, ed ivi sette giorni dopo placidamente morì.

(Autore: Antonio Balducci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Erasmo di Formia - Vescovo e Martire, pregate per noi.

*Sant'Eugenio I - 75° Papa (2 Giugno)

m. 657   (Papa dal 10/08/654 al 02/06/657)
L'esarca Teodoro Calliopa e il cubiculario Peliuro, per ordine dell'imperatore Costante I, la notte del 19 giugno 653 costrinsero con la violenza il Papa Martino I a lasciare Roma e a seguirli a Costantinopoli, dove giunsero il 17 settembre dell'anno successivo. Martino fu sottoposto ad un finto processo, privato del pallio ed esiliato nel Chersoneso dove morì il 16 settembre 655.

Il clero romano gli diede un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654.
Figlio del romano Ruffiniano, Eugenio era persona retta e meritevole dell'alto ufficio.
Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo.
Letta nella chiesa di Santa Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo.
Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in San Pietro. (Avvenire)

Etimologia: Eugenio = ben nato, di nobile stirpe, dal greco
Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, Sant’Eugenio I, Papa, che succedette a san Martino Martire.
L'esarca Teodoro Calliopa e il cubiculario Peliuro, in ottemperanza agli ordini ricevuti dall'imperatore Costante I, la notte del 19 giugno 653 costrinsero con la violenza il papa Martino I a lasciare Roma e a seguirli a Costantinopoli, dove giunsero, dopo un viaggio disagevole, il 17 settembre dell'anno successivo. Martino fu sottoposto ad una larva di processo,
privato del pallio ed esiliato nel Chersoneso dove morì il 16 settembre 655.
Il clero romano, che lo aveva fedelmente sostenuto al concilio convocato nella basilica costantiniana il 5 ottobre 649, nel quale si condannarono l'Ectesi di Eraclio e il Tipo di Costante, non esitò, prima ancora di conoscere l'esito del processo, a dargli un successore nella persona del romano Eugenio I, che fu consacrato il 10 agosto 654. La scelta non fu, peraltro, cattiva, poiché Eugenio, figlio del romano Ruffiniano, era persona retta e in tutto meritevole dell'alto ufficio.
Ciò apparve dall'atteggiamento assunto verso Pirro, patriarca bizantino, e il suo successore Pietro, che nel 656 aveva mandato al papa, secondo l'uso, una lettera con l'annuncio della sua nomina e una professione di fede ambigua sulla questione che agitava gli animi, quella delle due volontà ed operazioni in Cristo.
Letta nella chiesa di S. Maria ad praesepe, venne respinta dal papa, dal clero e dal popolo.
Il gesto irritò la corte di Costantinopoli e certamente Eugenio avrebbe avuto la sorte del suo predecessore se la morte, avvenuta il 2 giugno 657, non lo avesse impedito. Fu sepolto in S. Pietro. Ignorato dal Martirologio Geronimiano, da Usuardo e dagli antichi martirologi, fu iscritto dal Baronio nel Martirologio Romano ed è ricordato il giorno della morte.

(Autore: Pietro Burchi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eugenio I - Papa, pregate per noi.

*Beato Giovanni de Barthulono - Mercedario (2 Giugno)
+ Trapani, 1500
Di illustre famiglia italiana, il Beato Giovanni de Barthulono, inviato a redimere in Africa, liberò 49 schiavi siciliani.
Famoso per le virtù morì santamente a Trapani nell'anno 1500.
L'Ordine lo festeggia il 2 giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)        
Giaculatoria - Beato Giovanni de Barthulono, pregate per noi.

*Beato Giuseppe Thao Tiên - Sacerdote e Martire (2 Giugno)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri del Laos" - 16 dicembre (celebrazione di gruppo)
Ban Ten, Laos, 5 dicembre 1918 – Ban Ta Lang, Laos, 2 giugno 1954

Joseph Thao Tiên, sacerdote diocesano del Vicariato di Muang Sôi (Vietnam), iniziò la sua formazione come catechista, ma poi fu ammesso in Seminario. A causa dei disordini politici nel Laos, sua terra d’origine, venne ordinato il 6 giugno 1949 a Saigon, nel Vietnam. Rientrato nella sua terra, scelse di restare anche mentre imperversava la guerriglia con i militanti comunisti del Pathet Lao.
Arrestato dopo la Pasqua del 1954, venne fucilato il 2 giugno dello stesso anno, per non aver rinnegato la sua fede né gli impegni del sacerdozio, specie quello del celibato. Considerato protomartire del Laos, è stato messo a capo del gruppo di 15 martiri beatificati l’11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos, insieme a padre Mario Borzaga OMI e al catechista Paolo Thoj Xyooj.
Joseph Thao Tiên nacque il 5 dicembre 1918 a Ban Ten, nella provincia di Houa Phanh, nel Laos. Suo padre e suo nonno erano stati dei notevoli cristiani. A undici anni entrò nella scuola per i catechisti di montagna a H
u L, nella provincia di Thanh Hóa in Vietnam: a quell’epoca, infatti, la sua provincia d’origine apparteneva al vicariato apostolico di Phát Dim e, a partire dal 1932, passò a quello di Thanh Hóa.
Allievo diligente, fu ammesso nel 1937 alla sezione che faceva da Seminario minore, dove studiò latino e francese. Sia durante le vacanze, sia durante il tirocinio pastorale, la sua vocazione ne usciva rafforzata: si faceva vicino alle persone più umili e, come catechista dotato e zelante, veniva apprezzato dai missionari e amato da tutti.
Dal 1942 al 1946 fu studente nel Seminario maggiore di Hanoi, unico tra i giovani originari dei villaggi montani. Assiduo alla preghiera e allo studio, poco si curava dei disordini politici che, nel Natale 1946, comportarono la chiusura del Seminario e la dispersione degli allievi. Rientrò nel Laos a piedi, ma il conflitto si era esteso anche lì. Proseguì dunque gli studi a Saigon e venne ordinato sacerdote il 6 giugno 1949.
Il 1° ottobre 1949 poté tornare nella sua terra, nella missione di Sam Neua, ma già dal mese
successivo quella divenne zona di guerriglia. D’accordo con i suoi superiori, decise di restare. Riorganizzò dunque, approfittando di un periodo di pace, le scuole del Muang Sôi, ma non smetteva di essere un pastore.
Il popolo accorreva in massa per ascoltarlo e per ammirare come, nonostante la situazione precaria, riuscisse ad essere amico dei poveri.
Nel Natale 1952 riprese la guerriglia, portata avanti dai militanti comunisti del Pathet Lao. Il personale della missione venne evacuato, ma don Joseph scelse nuovamente di restare: «Resto tra la mia gente. Sono pronto a dare la mia vita per i miei fratelli e sorelle laotiani», disse.
Subito dopo la Pasqua del 1954 venne catturato e condannato da un tribunale popolare: il suo destino fu il carcere e il campo di rieducazione. Per farlo cedere all’apostasia venne isolato, ma resistette anche alla proposta di avere salva la vita se avesse abbandonato il celibato sacerdotale. In tal modo divenne un segno di speranza per tutti i suoi compagni di prigionia.
Il 2 giugno 1954 venne condotto fuori dal campo di Ban Ta Lang, legato e scortato da quattro guardie: di lì a poco, venne fucilato.
In qualità di protomartire del Laos, è stato scelto per capeggiare un elenco di quindici tra sacerdoti, diocesani e missionari, e laici. La fase diocesana del loro processo di beatificazione, ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 18 gennaio 2008, si è svolta a Nantes (da cui proveniva uno dei missionari, Jean-Baptiste Malo) dal 10 giugno 2008 al 27 febbraio 2010, supportata da una commissione storica.
A partire dalla fase romana, ovvero dal 13 ottobre 2012, la Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso che la loro "Positio super martyrio", consegnata nel 2014, venisse coordinata, poi studiata, congiuntamente a quella di padre Mario Borzaga, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, e del catechista Paul Thoj Xyooj (la cui fase diocesana si era svolta a Trento).
Il 27 novembre 2014 la riunione dei consultori teologi si è quindi pronunciata favorevolmente circa il martirio di tutti e diciassette.
Questo parere positivo è stato confermato il 2 giugno 2015 dal congresso dei cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, ma solo per Joseph Thao Tiên e i suoi quattordici compagni: padre Borzaga e il catechista, infatti, avevano già ottenuto la promulgazione del decreto sul martirio il 5 maggio 2015. Esattamente un mese dopo, il 5 giugno, papa Francesco autorizzava anche quello per gli altri quindici.
La beatificazione congiunta dei diciassette martiri, dopo accaniti dibattiti, è stata infine fissata a domenica 11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos. A presiederla, come inviato del Santo Padre, il cardinal Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato nelle Filippine e Missionario Oblato di Maria Immacolata.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Thao Tiên, pregate per noi.

*San Guido (Wido) d'Acqui - Vescovo (2 Giugno)
Melazzo (AL), 1004 circa – Acqui Terme (AL), 2 giugno 1070
C'è una santità espressa anche da fondamenta di pietra solida. È il pensiero che viene alla mente scorrendo la vita di san Guido d'Acqui, vescovo della città piemontese vissuto nell'XI secolo, di cui oggi si celebra la festa. Nato intorno al 1004, Guido proveniva dalla nobile famiglia dei conti di Acquesana. Nel 1034 fu eletto dal Capitolo vescovo di Acqui.
In un tempo in cui l'immoralità e la simonia erano purtroppo diffuse, il vescovo Guido mise al centro del suo ministero la crescita morale e spirituale del suo clero. E fu un impegno per il quale mise in gioco anche il suo patrimonio personale, elargendo beni alle pievi per far sì che i suoi sacerdoti non fossero assillati da questioni economiche. Inoltre volle una cattedrale più ampia e maestosa che dedicò alla Madonna Assunta e consacrò il 13 novembre 1067. Fondò il monastero di «Santa Maria de Campis».
Le cronache del tempo lo descrivono anche attivo nel procurare grano alla popolazione colpita dalla carestia. Morì il 2 giugno 1070 ed è sepolto nella cattedrale di Acqui. (Avvenire)

Patronato: Acqui Terme (AL)
Etimologia: Guido = istruito, dall'antico tedesco
Emblema: Bastone pastorale, Mitra
Martirologio Romano: Ad Acqui in Piemonte, San Guido, vescovo.
Alla morte del vescovo Durone, dal 15 gennaio 1033 la diocesi acquese restò vacante per un anno e due mesi. A metà marzo del 1034 il Capitolo elesse infine vescovo all’unanimità Guido, appartenente alla nobile famiglia dei conti di Acquesana.
L’elezione avvenne “plaudente populo”.
Il Pedroca, vescovo di Acqui dal 1620 al 1631, in “Solatia” riferisce sul suo conto: “Figlio di nobilissimi e cristianissimi genitori della famiglia dei Conti di Acquesana che possedevano molti beni e titoli in Melazzo, dove nacque, pare, nel 1004.
Orfano di padre e madre, dopo una diligente e rigorosa educazione in famiglia, si recò a Bologna per gli studi superiori”.
Al suo ritorno ricevette l’ordinazione episcopale. Fu poi consacrato vescovo dal metropolita Eriperto in un epoca triste per la Chiesa, in cui dilagavano ignoranza, immoralità e simonia.
A fondamento della sua opera pastorale pose la riforma morale e spirituale del clero diocesano,
incominciando dunque dalla riforma liturgica. Affinché i suoi sacerdoti fossero meno assillati dai problemi economici, nel vasto territorio della diocesi elargì i suoi beni alle pievi esistenti e ne fondò ancora molte nuove. Fu generoso di donazioni anche con i monaci, al fine di facilitarne l’assistenza spirituale anche nelle campagne.
Il vescovo Guido fondò in Acqui un centro di spiritualità e formazione per la gioventù femminile ed a proprie spese fondò nel 1037 il monastero di “S. Maria De Campis”, dotandolo di beni per la sicurezza economica delle monache, nonostante le gravi difficoltà causate dai nemici, dai predoni e dalle conseguenti devastazioni.
Volle inoltre una cattedrale più grande e maestosa, che ottenne con il contributo dei vescovi Pietro di Tortona ed Alberto di Genova: la dedicò alla Madonna Assunta, consacrandola il 13 novembre 1067.
Lasciò infine gran parte dei beni che possedeva in città, compreso il “Castelletto”, alla Mensa vescovile per una decorosa residenza ai suoi successori. La tradizione lo vuole anche impegnato di persona a procurare grano per le popolazioni colpite da gravi carestie. Uomo di grande cultura e generosità, eccelse nella riforma giuridica e spirituale della sua diocesi.
Tra gli storici è opinione diffusa che Guido fosse di costituzione gracile: colpito da malattia, sarebbe nel frattempo stato sostituito dal fratello Opizzone, vescovo di Lodi. Morì infine il 2 giugno 1070. Il suo episcopato durò dunque ben trentasei anni. Le sue spoglie riposano oggi in un sepolcro situato nella Cattedrale di Acqui nella cappella a lui dedicata, a sinistra dell’altare maggiore.
Il Martyrologium Romanum come consueto commemora anche San Guido nell’anniversario della sua nascita al cielo, ma il comune di Acqui Terme inoltrò alla Santa Sede una richiesta affinché la sua festa fosse trasferita per la diocesi alla seconda domenica di luglio: esaminate tutte le prove necessarie, il processo terminò con il decreto di approvazione del culto, emesso il 22 settembre 1853.
Esistono di Guido una Vita attribuita a Lorenzo Calciati, scritta verso il 1260 ed edita da Giovanni Battista Moriondo, e due compendi della medesima: uno in prosa intitolato “Brevis translatio” e l’altro in versi, composti da un certo Nano di Mirabello, cittadino acquese. La comunità cristiana di Acqui si riconosce
tuttora quale “diocesi di San Guido”, lasciando così cadere in secondo piano la memoria del protovescovo San Maggiorino, personaggio storicamente più incerto.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Guido (Wido) d'Acqui, pregate per noi.

*Santi Marcellino e Pietro - Martiri (2 Giugno)
m. 304
Marcellino, sacerdote, e Pietro, esorcista, furono martirizzati sotto Diocleziano (c. 303). Papa Damaso, ancora fanciullo, raccolse dallo stesso carnefice il racconto del martirio avvenuto a Roma in località Torpignattara sulla Casilina. La loro deposizione il 2 giugno è ricordata dal martirologio geronimiano (sec. VI). (Mess. Rom.)
Etimologia: Marcellino, diminutivo di Marco = nato in marzo, sacro a Marte, dal latino Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Santi martiri Marcellino, sacerdote, e Pietro, esorcista, che, come riporta il Papa San Damaso, furono condannati a morte durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano; condotti tra i rovi sul luogo del supplizio, ebbero l’ordine di scavarsi il sepolcro con le proprie mani, perché i corpi rimanessero nascosti a tutti, ma la pia donna Lucilla diede degna sepoltura alle loro Sante membra a Roma sulla via Labicana nel cimitero ad Duas Lauros.
La più antica notizia sul loro martirio ci è stata tramandata da Damaso (m. 384) il quale attesta di averla appresa in gioventù dalla bocca dello stesso carnefice.
Secondo la testimonianza del Papa, dunque, il giudice aveva ordinato che i due martiri fossero decapitati nel folto di una selva affinché i loro sepolcri restassero sconosciuti; condotti al luogo del supplizio essi si prepararono con le proprie mani la tomba, in cui i loro corpi rimasero ignorati finché la pia matrona Lucilla, venuta a conoscenza della cosa, si premurò di farli trasferire e seppellire altrove.
Il loro sepolcro infatti è indicato dal Martirologio Geronimiano, il quale attesta che Marcellino era presbitero e Pietro esorcista e li commemora il 2 giugno, nel cimitero ad duas lauros al
terzo miglio della via Labicana.
Ivi li venerarono i pellegrini del sec. VII, mentre il dies natalis è concordemente attestato da tutti i libri liturgici (Sacramentari) ed agiografici (martirologi storici).
Secondo l'autore del Liber Pontificalis, Costantino edificò in loro onore una basilica; il carme che il Papa Damaso aveva posto sul loro sepolcro fu distrutto dai Goti, ma il Papa Vigilio lo rifece inserendo i nomi dei due martiri anche nel Canone della Messa. Allo stesso periodo deve attribuirsi il loro ricordo nella liturgia ambrosiana e la dedicazione di un'altra chiesa a loro intitolata sulla moderna via Labicana (angolo via Merulana) già attestata nel sinodo romano del 595.
Quasi nello stesso periodo fu composta anche una passio (BHL, II, o. 776, n. 5230) che nella parte migliore non fa altro che parafrasare il carme damasiano, ma aggiunge fantastiche notizie secondo le quali i nostri santi avrebbero avuto relazione con i martiri Artemio, Seconda e Paolina (v. BSS. II, col. 490). Sarebbero stati uccisi al XII miglio della via Aurelia. in una località che in loro ricordo fu detta Silva Candida (antica Lorium), che il carnefice si chiamava Doroteo e da vecchio si convertì al Cristianesimo ricevendo il Battesimo dalle mani del papa Giulio I.
Le reliquie dei due martiri nel sec. IX sarebbero state trasferite a Seligenstadt in Germania, ma dal racconto di Eginardo nasce il fondato sospetto che il famigerato diacono Deusdona, parte in causa ed agente principale di quella traslazione, abbia, secondo il suo costume, ingannato i messi del pio scrittore ed abate.
(Autore: Agostino Amore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Iconografia
Questi due martiri sono in genere rappresentati come uomini di mezza età, con tonsura, e sono loro posti tra le mani un rotulo o una corona. Nelle catacombe da loro denominate in Roma (IV e V sec.) un affresco li presenta contraddistinti dal nome, senza aureola, con breve barba, accanto all'Agnello. Un altro affresco del V o VI sec. nelle catacombe di Ponziano, li rappresenta invece imberbi, ai lati di San Pollione, sempre però contraddistinti dal nome.

(Autore: Claudio Mocchegiani Carpano – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Marcellino e Pietro, pregate per noi.

*Santi Martiri di Lione (2 Giugno)

A Lione in Francia, ricordo dei SS. Martiri Potino, vescovo, e Blandina, assieme a quarantasei compagni, le cui numerose e ardue prove, sopportate al tempo dell’imperatore Marco Aurelio, sono testimoniate dalla lettera indirizzata dalla Chiesa di Lione alle chiese di Asia e Frigia.
Di costoro il vescovo Potino, novantenne, perì poco tempo dopo essere stato incarcerato; alcuni morirono come lui in prigione, altri invece furono condotti in mezzo all’arena di fronte a migliaia di spettatori: chi fu trovato essere un cittadino romano venne decapitato, gli altri invece dati in pasto alle belve; per ultima Blandina, sgozzata dopo aver patito interminabili e sempre più crudeli supplizi, poté infine raggiungere nella gloria quei compagni che aveva in precedenza esortato a conseguire la palma del martirio.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Lione, pregate per noi.

*San Niceforo - Patriarca di Costantinopoli (2 Giugno)

m. Costantinopoli, 2 giugno 828
Nell’avviversario della morte, il Martyrologium Romanum ricorda oggi San Niceforo, patriarca di Costantinopoli.
Accanito difensore delle tradizioni dei padri, si oppose fortemente all’imperatore iconoclasta Leone Armeno.
Fu allora allontanato dalla sua sede episcopale e rinchiuso a lungo in un monastero, ove morì.

Martirologio Romano: Presso il Bosforo nella Propontide, oggi in Turchia, transito di San Niceforo, vescovo di Costantinopoli, che, tenace difensore delle tradizioni avite, si oppose con fermezza all’imperatore iconoclasta Leone l’Armeno sostenendo il culto delle sacre immagini; espulso dalla sua sede, fu relegato per lungo tempo in un monastero, dove migrò serenamente al Signore.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Niceforo, pregate per noi.

*San Nicola il Pellegrino (2 Giugno)
m. Trani, 1094
La cattedrale di Trani è la sua memoria vivente, una memoria di straordinaria armonia. Nicola il Pellegrino è patrono della città pugliese: a lui è dedicato il tempio costruito nel 1097.
Nicola di Trani proveniva dalla Grecia; trasferitosi in Puglia, la percorse per intero.
Le cronache riferiscono che pronunciasse una sola, insistente invocazione: «Kyrie Eleison». Morì a Trani nel 1094. Infiniti da allora i miracoli sulla sua tomba . (Avvenire)

Patronato: Trani
Etimologia: Nicola = vincitore del popolo, dal greco Nikòlaos
Martirologio Romano: A Trani in Puglia, San Nicola, che, pellegrino nato in Grecia, percorreva tutta la regione portando in mano una croce e ripetendo senza interruzione “Kyrie, eléison”.
Al contrario del più celebre San Nicola patrono di Bari, del nostro San Nicola denominato il Pellegrino, vi sono pochissime notizie ma certamente degne di fede, egli è patrono della città di
Trani, dove morì nel 1094 dopo appena quindici giorni dal suo arrivo, proveniente da Taranto e prima ancora da Otranto.
Era nato in Grecia e dopo aver trascorso alcuni anni in solitudine giunse in Puglia, che percorse tutta intera con una croce in mano e ripetendo l’invocazione ‘Kyrie Eleison’.
Attirava e riuniva intorno a sé i ragazzi dando loro piccoli doni e facendo ripetere loro la sua invocazione.
Dopo la sua morte fiorirono numerosi miracoli; quattro anni dopo nel 1098 nel Sinodo Romano, il vescovo di Trani si alzò e chiese all’Assemblea che il venerabile Nicola venisse iscritto nel catalogo dei Santi per i meriti avuti in vita e per i miracoli avvenuti post-mortem.
Il Papa Urbano II emanò un “Breve” che autorizzava il vescovo di Trani dopo opportuna riflessione ad agire come riteneva più opportuno.
Il vescovo tornato a Trani lo canonizzò e dopo avere eretto una nuova basilica vi depositò il corpo del Santo.
Nel 1748 Papa Benedetto XIV lo inserì nel Martirologio Romano.
Le fonti delle notizie sono quattro: le prime tre riportate dalla “Bibliotheca hagiografica Latina antiquae et mediae aetatis” 2° vol. Bruxelles 1898-1901.
La prima riguarda la sua vita in Grecia testimoniata da Bartolomeo suo compagno; la seconda narra il suo arrivo a Trani, la morte, e i miracoli ed è stata scritta da Adelferio testimone oculare; la terza ha per autore il diacono Amando di Trani e narra la canonizzazione e traslazione di San Nicola; la quarta fonte è una ‘Vita’ stampata in lingua italiana e narra la seconda traslazione del corpo.
Nicola deriva dal greco Nikòlaos e significa “vincitore del popolo”.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Nicola il Pellegrino, pregate per noi.

*Santi Potino, Blandina e Compagni - Martiri di Lione (2 Giugno)
† Lione, 177
Martirologio Romano:
A Lione in Francia, Santi martiri Potino, vescovo, Blandina e quarantasei compagni, le cui ardue e reiterate prove compiute al tempo dell’imperatore Marco Aurelio sono attestate nella lettera scritta dalla Chiesa di Lione alle Chiese d’Asia e Frigia.
Tra questi, il nonagenario vescovo Potino rese il suo spirito poco dopo essere stato incarcerato; altri, come lui, morirono in carcere e altri ancora posti al centro dell’arena davanti a migliaia di persone radunate per lo spettacolo: quanti erano stati identificati come cittadini romani subirono la decapitazione, gli altri invece venivano dati in pasto alle fiere.
Da ultima, Blandina, sgozzata alfine con la spada dopo aver patito più lunghe e aspre torture, seguì tutti coloro che ella aveva poco prima esortato a raggiungere la palma del martirio.
Nel 177 si scatenò a Lione, una persecuzione contro i cristiani, secondo gli editti dell’imperatore Marco Aurelio; il ‘Martyrologium Romanum’ riporta al 2 giugno un gruppo di 48 martiri, uccisi più o meno nello stesso tempo in odio alla fede cristiana, sia a Lione sia a Vienne, ma che comunque sono denominati ‘Martiri di Lione’.
Il loro glorioso martirio è narrato da testimoni contemporanei, assolutamente degni di fede; il racconto completo era contenuto in una lettera, che la Chiesa della Gallia, inviò poco dopo gli avvenimenti, ai confratelli dell’Asia e della Frigia e che lo storico Eusebio di Cesarea, incluse integralmente nella sua ‘Historia Ecclesiastica’ pervenuta così fino a noi.
Il gruppo menzionato è capeggiato da San Fotino vescovo e il secondo nome è quello di Blandina, la quale era una schiava cristiana, arrestata insieme alla sua padrona.
Nonostante i timori che gli altri cristiani nutrivano sulla sua saldezza nella fede, ella dimostrò invece una fermezza straordinaria nell’affrontare il martirio, che a lei non fu risparmiato in
crudeltà; ripeteva “io sono cristiana e tra noi non c’è nessun male”.
Fu condotta inizialmente nell’anfiteatro e appesa ad un palo a forma di croce, ella pregò ad alta voce e le fiere non l’aggredirono.
Poi fu ricondotta nell’arena insieme ad altri fedeli, sopravvissuti ai vari supplizi, qui fu costretta ad assistere alla morte atroce dei suoi compagni, mentre lei superava ancora una volta, il tormento della graticola ardente.
Rimasta sola, su di lei si accanì la ferocia pagana; ignuda e ricoperta con una rete, fu esposta ai lazzi degli spettatori ed alla furia di un toro, che colpendola con le corna, la lanciò più volte in aria; infine fu finita con la spada.
Gli stessi pagani dichiararono che mai, in mezzo a oro, una donna aveva sopportato così numerosi e duri tormenti.
Santa Blandina, schiava nella vita, ma eroica e gloriosa martire nella morte, è raffigurata da secoli nell’arte, con gli attributi del suo supplizio: la rete, la graticola, il palo, i leoni, il toro; viene celebrata il 2 giugno insieme agli altri martiri di Lione.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Potino, Blandina e Compagni, pregate per noi.

*Beato Sadoc da Sandomirez e 48 compagni - Martiri Domenicani (2 Giugno)

+ Sandomierz, Polonia, 2 giugno 1260 Nel Capitolo Generale del 1221, il Santo Patriarca Domenico inviò in Ungheria il Beato Paolo, per fondarvi quella Provincia, dandogli quattro compagni, uno dei quali fu Sadoc.
Una notte Sadoc udì i lugubri ululati del demonio che prevedeva quante anime gli avrebbero strappate quei nuovi apostoli, i quali, a quel grido d’ inferno, si sentirono animati da più generoso ardore. Dopo aver percorsa l’Ungheria predicando e fondando Conventi, Sadoc fu chiamato a reggere quello di Sandomierz, in Polonia, sua patria.
Nel 1260 la città fu invasa dai Tartari. Una notte i padri, dopo aver cantato il Mattutino, si disposero ad ascoltare il Martirologio. Un novizio lesse a voce alta: “Sandomiriae Passio quadraginta novem Martyrum”.
Un trepido stupore si dipinge su tutti i volti: Sadoc, il santo Priore, compreso l’avviso celeste, preparò i fratelli al sacrificio.
Alla sera di quel giorno, dopo Compieta, i frati, mentre cantavano la Salve Regina, furono assaliti dai Tartari e trucidati.
Uno solo era fuggito spaventato, ma sentendo i compagni terminare in cielo il canto incominciato in terra, commosso, tornò in chiesa per ricevere la stessa palma.
Di questo avvenimento glorioso ha avuto origine la bellissima consuetudine di cantare la Salve Regina al letto dell’ agonia degli appartenenti all’ Ordine Domenicano, per chiedere a Maria che mostri loro finalmente il frutto del suo seno, Gesù.
Papa Pio VII il 18 ottobre 1807 ha permesso il loro culto, già ampiamente diffuso. Infatti, dal 1295, se ne celebrava la memoria nella locale chiesa di Santa Maria.
Martirologio Romano: A Sandomierz sulla Vistola in Polonia, beati Sadoc, sacerdote, e compagni dell’ Ordine dei Predicatori, martiri, che, come si tramanda, furono uccisi dai Tartari, mentre cantavano l’ antifona "Salve Regina", salutando così in punto di morte la Madre della Vita.
Esistono tuttora delle perplessità da parte degli storici circa l’ identificazione del Beato Sadoc.
Molti lo ritengono ungherese anziché polacco, presumibilmente uno dei novanta martiri domenicani in Ungheria che per mano dei Tartari “furono uccisi o con la spada o trafitti da frecce o trapassati da lancia; altri volarono al Cielo bruciati”, come asseriscono le “Vitae Fratrum”.
In esse è citato fra Sadoc, in seguito priore a Zagabria, inviato da San Domenico in Ungheria dopo il secondo capitolo generale dell’ordine del 1221 insieme a fra Paolo ed altri tre confratelli, tacendo però circa le sue presunte origini polacche ed il suo martirio.
Il Taegio nel “De insigniis” include tra i martiri della provincia ungherese anche il priore Sadoc, messo a morte con altri quarantotto frati: “Frater Sadoc, vir devotus et sanctus, quum in prenominatis provinciis Christi fidem verbo et exemplo predicaret, cum quadraginta octo fratribus cum martyrii palma celos gloriosus ascendit”.
Il Loenertz asserisce che forse si tratterebbe del medesimo personaggio cui talvolta vengono associati ben 93 o 94 compagni di martirio. L’Alberti invece conferma i numeri forniti nel “De insigniis”.
Bisogna notare come né il Taegio, né l’ Alberti considerino Sadoc polacco, ma solo nel 1556 il catalogo di Ususmaris censisce “Sadoc Polonus”. Il Loenertz non sa spiegarsi ciò ed ipotizza che alcuni autori abbiano arbitrariamente messi in rapporto Sadoc ed i suoi compagni con i martiri domenicani di Sandomierz in Polonia.
Le antiche fonti relative a questi ultimi ignorano i loro nomi ed il loro numero.
A smentire tali perplessità concorrono, però, non solo l’ ininterrotta tradizione domenicana, ma anche l’indulgenza che Papa Alessandro IV concesse a tutti coloro che il 2 giugno di ogni anno avessero visitato la chiesa domenicana di Sandomierz, nonché l’ indulgenza plenaria che Bonifacio VIII nel 1295 accordò per la festa di questi martiri celebrata in Roma presso la chiesa di Santa Maria “ad Martyres”. Inoltre nel 1959 l’antropologo Sarama intraprese degli scavi sotto il convento di San Giacomo a Sandomierz, rinvenendo così parecchi scheletri, alcuni dei quali riportanti evidenti tracce di armi taglienti e frammenti di giavellotti.
Il regime comunista polacco interruppe però la sua opera.
Infine è doveroso sottolineare come sia ambigua l’interpretazione del termine Ungheria utilizzato nelle “Vitae Fratrum” nel 1260, anno del martirio di Sadoc e compagni. A quel tempo l’Ungheria non era il piccolo staterello di oggi, ma comprendeva anche alcune zone limitrofe, poi passate alle vicine nazioni, e ciò potrebbe spiegare la non corcordanza fra le varie indicazioni geografiche.
La tradizione dell’Ordine Domenicano vuole che durante l’invasione tartara del 1259-60 Sadoc fosse priore del convento domenicano di Sandomierz e, la vigilia dell’espugnazione della città, il novizio addetto alla lettura del martirologio avrebbe esclamato fra lo stupore generale: “Sandomiriae, passio quadraginta novem martyrum”.
Così avvenne: l’ indomani, 2 giugno 1260, i Tartari irruppero nella chiesa di San Giacomo per sterminare Sadoc ed i suoi confratelli, intenti a cantare la Salve Regina. Proprio parafrasando tale antifona mariana l’orazione liturgica nella festa dei martiri recita infatti: “Ti mostri a noi, Signore Gesù, dopo questo esilio la clemente e misericordiosa Vergine Maria, tua Madre, che il beato Sadoc e i suoi compagni non cessarono d’ invocare mentre l’aggressione dei nemici meritava loro la sospirata palma del martirio”.
Da ciò nacque l’uso per i domenicani di cantare la Salve Regina al capezzale dei frati moribondi.
Papa Pio VII il 18 ottobre 1807 confermò il culto che da tempo immemorabile era tributato a questi gloriosi martiri.
Ecco l’elenco completo dei 48 presunti compagni di martirio del Beato Sadoc:
- Paolo, vicario - Malachia, predicatore del convento - Andrea, elemosiniere - Pietro, custode dell’orto - Giacomo, maestro dei novizi - Abele, sindaco - Simone, penitenziere - Clemente - Barnaba - Elia - Bartolomeo - Luca - Matteo - Giovanni - Filippo
i diaconi:
- Gioacchino - Giuseppe - Stefano
i suddiaconi:
- Taddeo,  - Mosè - Abramo - Basilio
i chierici:
- David - Aronne - Benedetto - Onofrio - Dominico - Michele - Mattia - Mauro - Timoteo
i professi studenti:
- Gordiano - Feliciano - Marco - Giovanni - Gervasio - Cristoforo - Donato - Medardo - Valentino
i novizi:
- Daniele - Tobia - Macario - Raffaele - Isaia
i frati conversi:
- Cirillo, sarto - Geremia, calzolaio - Tommaso, organista
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Altri Santi del giorno (02 Giugno)

*Santa Blandina - Martire
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi

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